Thursday 30 April 2009

Il "Salettl" - I posti artistici di Vienna che non trovate sulle guide turistiche - Otto Wagner e i suoi allievi, Adolf Loos e Friedrich Pindt






Otto Wagner (Penzing, Vienna 1841 - Vienna 1918)
sta all'archittetura come Gustav Klimt sta alla pittura, tutti e due tra i fondatori della "Wiener Secession" la secessione viennese.
Moltissimi sono i palazzi costruiti da Otto Wagner (e allievi) oggi diventati patrimonio artistico intoccabile.

All'epoca il suo studio in Schillerplatz era sempre aperto agli studenti, tra i quali Adolf Loos (Brno 1870 - Kalksburg 1933) e Friedrich Pindt (Wien 1888 - 1944)
Fu proprio Pindt che progettó il "Salettl" posto incantevole, molto conosciuto dagli abitanti del quartiere 19. Döbling e non solo e diventato luogo della scena mondana, ma che non troverete sulle guide turistiche.
Il "Salettl" fu costruito a Vienna nel 1932. Si trova nel 19. quartiere in Hartäckerstraße 80 e originariamente si chiamava "Holzsalettl" saletta di legno.

Il "Salettl" é un caffé che rispecchia la tradizione viennese anche se é immerso nel verde, é molto piccolo e mancano i famosi "Herr Ober"(i tipici camerieri dei caffé viennesi) e l'atmosfera é decisamente piú allegra e la clientela piú giovane. Non mancano peró come in un buon caffé viennese la vasta scelta di quotidiani e un ottimo Apfelstrudel nonché la "Gabelfrühstück" che significa colazione con forchetta e cioé con uova alla cuoque burro, prosciutto, c'é anche la colazione normale, con pane e marmellata e durante il giorno gli scaccia-fame tipici di qui: i Frankfurter mit senf e la Gulaschsuppe mit semmel.
Apre molto presto e chiude molto tradi, é un posto piccolissimo ma davvero unico nel suo genere.
Situato su una collina, si ha uno stupendo panorama di Neustift am Walde, Sievering, Grinzing e Kahlenberg.
In inverno poi, tutto sommerso dalla neve, una colazione tet a tet al "Salettl" diventa davvero romantica, per i piú esigenti viene servita una tipica "Sekt Frühstück, colazione con salmone e prosecco.

Nelle foto il "Salettl"

Tuesday 28 April 2009

Marina... come Fränzi e Marcella Fehrmann




Dipinti originali di Laura Tedeschi
Olio su tela
"Marina sulla sedia blu a Vienna" - 80x100
"La pausa" 80x100
"Marina sul divano blu" - 60x80

Monday 27 April 2009

Lettera di Claude Monet al medico Georges de Bellio - Marzo 1879



"Sono nauseato e scoraggiato per la vita che conduco da tanto tempo. Quando alla mia età si arriva a questo punto, non c’è più speranza. Disgraziati siamo, disgraziati rimarremmo:
ogni giorno porta le sue pene e ogni giorno nascono difficoltà da cui non ci libereremo mai. Così rinuncio a lottare e a sperare di riuscire e in queste condizioni non ho più la forza di lavorare"

Cosí scriveva, nel marzo del 1879, Claude Monet al medico Georges de Bellio, collezionista parigino degli impressionisti che divenne un sostegno finanziario e morale per l'artista.

Nelle foto:
Claude Monet nel suo studio - Autoritratto
Il Dr. Georges de Bellio dipinto da Giovanni Boldini

Sunday 26 April 2009

La sedia di Vincent van Gogh


Nello stesso anno in cui Vincent dipinse la sedia di Gauguin (1888) ad Arles, alla casa Gialla, Vincent dipinse la sua sedia, la sedia di Vincent.
La sedia di Vincent, rispetto a quella di Paul, è decisamente meno elegante, di semplice legno con seduta in paglia; ma la cromia delicata è decisamente più solare e vivace, giacché si sofferma sul giallo della seduta, sposandosi con il calore del pavimento di mattoni rosso-arancio e con le pareti dal delicato tono turchese.

Sulla sedia è appoggiata la pipa del pittore con del tabacco (attributi di semplicità) ed in una cesta appoggiata a terra dei girasoli, i fiori preferiti dell'artista.

Foto: "La sedia di Vincent" Vincent van Gogh (Arles 1888)

Saturday 25 April 2009

Le sedie dipinte da Vincent Van Gogh - Paul Gauguin assente, la sua sedia


"E poi devo molto a Paul Gauguin, con il quale ho lavorato per dei mesi ad Arles, e che del resto conoscevo già a Parigi. Gauguin, quest'artista strano, questo straniero il cui portamento e lo sguardo richiamano vagamente il ritratto di un uomo di Rembrandt della Galleria Locaze – questo amico che desidera far capire che un buon quadro deve corrispondere a una buona azione, non che lo dica, ma insomma è difficile frequentarlo senza sentire una certa responsabilità morale. Alcuni giorni prima di separarci quando la mia malattia mi ha obbligato a entrare in una casa di cura, ho tentato di dipingere “il suo posto vuoto”.
E' uno studio della sua poltrona di legno bruno rosso scuro, con il sedile in paglia verdastra, e al posto dell'assente un candelabro acceso e dei romanzi moderni".

Dalla lettera inviata al Sig. Aurier, del 12 febbraio 1890 da St.Rémy.

Foto: "La sedia di Paul Gauguin" di Vincent Van Gogh (Arles 1888)

Friday 24 April 2009

Le figure romantiche di Gianni Tedeschi





Cliccare sulle foto per ingrandirle

Gianni Tedeschi

www.giannitedeschi.com

... „Mi piacciono i quadri che mi fanno venire voglia di camminarci dentro“.

Il gruppo delle opere del pittore Gianni Tedeschi ha soggetti familiari, le sue tele sono dipinte da migliaia di pennellate irregolari e disordinate: ma è questa la magia dell’impressionismo che dá la vita a questi quadri.
A oltre un secolo dalla sua nascita, l’impressionismo ispira ancora, e in tutta la sua liricitá seduce.
È con queste opere pittoriche “tipicamente impressioniste” che Gianni Tedeschi ottenne notorietá in Svizzera (soprattutto intorno agli anni settanta), è attraverso questa poetica che espresse configurazioni di paesaggio da sogno, donnine vestite di taffetá, immortalate con fasci di fiori o in giardini fioriti, mentre passeggiano lungo la Senna, prati verdissimi, alberi, fiori, tanti fiori impregnati di luce…. Li esprime sempre in una paricolarissima densitá e soliditá materica.
Gianni Tedeschi sottolinea spesso , nei suoi quadri, la liricitá della natura, la bellezza delle fioriture colorate, lo fa con tale dedizione da rendere emozione un desiderio, da rendere incantevole l’angolo piú nascosto di un qualsiasi paesaggio.
Boschi e fiori sotto il sole, messi di fiori e prati immersi nella luce del sole, sono i temi tra i piú amati di Tedeschi, i piú stimolanti e i piú vibranti di colori.
E tutto ció che egli sa rappresentare al loro interno è agile, leggero, vivo, incantevole: … “Mi piacciono i quadri che mi fanno venire volgia di camminarci dentro”, espresse una volta Pier August Renoir.
L’orizzonte di Gianni Tedeschi sembra essere lo stesso, infinito e perfetto, legero e incorrotto… finché c’è vita e finché c’è luce.

Enrica Marcenaro

Nelle foto dipinti originali olio su tavola di Gianni Tedeschi

Wednesday 22 April 2009

Il ritratto di Paul Gauguin a Vincent Van Gogh, la chiave della tragedia


Come tutte le persone abituate alla solitudine, il parlare di Vincent si trasformava in verbosità, il piacere di esprimersi non sopportava l’essere contraddetto.
Più il contrasto di idee si acuiva e più il parlare nevrotico veniva in superficie e
si accentuava addirittura se dall’altra parte sopraggiungeva il silenzio. Ciò che per quelle nove settimane rese possibile il rapporto fu che il più giovane Van Gogh riconosceva al più anziano, un magistero superiore, di vita e di arte, e quanto a questi, l’essersi accorto da subito della enorme grandezza del suo coinquilino, faceva sì che molte punte polemiche venissero smussate, molti giudizi "tranchant" venissero lasciati cadere.
In un ritratto di Van Gogh fatto da Gauguin c’è la chiave per capire la catastrofe che si andava preparando. Si intitola “Van Gogh che dipinge girasoli ad Arles”:

“Forse non c’è molta somiglianza" disse l’autore nel regalarlo a Theo, che era anche il suo mercante d’arte, “ma credo ci sia qualcosa del suo carattere interiore”.
“Ero davvero io, molto stanco e carico di elettricità com’ero allora” commentò il diretto interessato in una lettera e poi, stando alle memorie di Gauguin, aggiunse: “Sono io, ma sono io dopo che sono diventato matto”.

Come tutti quelli che soffrono di depressione maniacale o disturbo bipolare, Van Gogh era più o meno coscientemente consapevole del suo stato, esaltazione e depressione si alternavano e il lavoro, così come il bere, erano una sorta di cura della prima fatta tuttavia della malattia che la estrinsecava: curare l’eccesso con l’eccesso, insomma... Il rendersene conto allontanava lo spettro della follia, ma non lo eliminava. Van Gogh sapeva che prima o poi ci sarebbe scivolato dentro senza accorgersene.
Van Gogh sapeva che prima o poi Gauguin se ne sarebbe andato, e questo lo atterriva: significava tornare solo, significava il fallimento della sua sfida artistica e il dover ammettere che non c’era nessuno che pensasse con lui e per lui, che gli fosse di
conforto, di stimolo e di protezione. E però questa paura era anche un desiderio, il voler restare solo, il dover restare solo, consapevole della propria unicità, del proprio disperato valore.

“Fondamentalmente Gauguin e io ci capiamo, e se siamo un po’ matti, che importanza ha” scriverà al fratello dopo che l’epilogo era giunto e lui si era autopunito mutilandosi.
Su questo gesto, il taglio di un orecchio, sono scorsi fiumi di inchiostro. In soggetti bipolari come Van Gogh, l’associazione fra suggestioni e temi i più disparati era una norma, e ciò che a una mente normale appare incongruo in un soggetto deviato risponde a una logica del tutto coerente.

Nella foto: “Van Gogh che dipinge girasoli ad Arles” di Paul Gauguin

Paul Gauguin e Vincent Van Gogh, uguale diversitá



Il 23 ottobre del 1888, il giorno in cui fisicamente Paul entrò nella casa Gialla,
trovò alle pareti e non solo le tele dipinte dall'amico.
Pochissimi erano in grado, quanto Gauguin, di comprendere che cosa l’altro avesse realizzato, e nessun altro aveva migliori motivi per ammirarlo, assimilarlo, magari contrastarlo.
Eppure per Vincent, il maestro era l’altro, più maturo, più sicuro.
Era Vincent che si era battuto perché dalla Bretagna il collega si trasferisse in Provenza, che aveva messo di mezzo il fratello Theo perché in qualche modo garantisse economicamente il successo del cambiamento geografico.
Ciò che Van Gogh voleva era lavorare fianco a fianco, a pochi metri di distanza,
vicino a un Paul, su soggetti paralleli.
Questo sarebbe dovuto essere la Casa Gialla: lo Studio del Sud, il punto di partenza di una nuova idea della forma e del colore.
Caratterialmente, i due avevano diversi punti in comune, eppure c’era in questa eguaglianza una totale diversità.
Nello spazio ristretto di uno studio di cinque metri, il contrasto era ancor più stridente:
Van Gogh dipingeva velocemente e con furia, Gauguin era più pacato e contemplativo, l’olandese, lasciava aperti i tubetti dei colori, in disordine pennelli e tavolozze, il francese aveva imparato andando per mare l’importanza dell’ordine.
Dirà Theo Van Gogh, che esisteva “un Vincent amabile e un Vincent insopportabile”.

Foto: Paul Gauguin al piano e la foto del giovane Vincet Van Gogh

La casa Gialla. Paul Gauguin e Vincent Van Gogh


Commovente é il rapporto tra Vincent e la casa Gialla ad Arles...
Ma cosa furono in realtá le nove settimane in cui Van Gogh e Gauguin vissero fianco a fianco ad Arles? Un disastro! Un disastroso trionfo.
La gioia di creare e la nevrosi di fallire... si conclusero con il primo che rincorreva il secondo con un rasoio, con il secondo che
se ne andava a dormire in albergo, con l’orecchio di Van Gogh tagliato dalla sua stessa mano e offerto come dono a una prostituta locale... Di lì il ricovero in clinica del primo e la fuga del secondo, di lí un MAI-PIÙ-RIVEDERSI.
Vincent morirà due anni dopo, nel 1890, dopo essersi sparato un colpo di pistola al petto, in quella Provenza che lo aveva così tanto segnato, Paul gli sopravviverà per un decennio, in un’isola delle Marchesi dove la sua fuga dalla civiltà lo aveva portato, trentasette anni l’uno, cinquantacinque l’altro.
Il rapporto tra i due è struggente dal punto di vista umano e stupefacente sotto il
profilo artistico, perché quelle nove settimane, appena due mesi, insomma, cambiarono anche il corso della storia dell’arte e ciò che di Van Gogh e di Gauguin oggi ammiriamo nei più importanti musei del mondo, furono in buona parte dipinti lì ed andarono a riempire le stanze e le pareti della modesta dimora, la casa Gialla, che fungeva da casa e da studio: tele, intuizioni e sperimentazioni a cui credevano solo i diretti interessati e qualche spirito più avvertito o semplicemente più amico.
Perché Van Gogh dovette in pratica morire prima di divenire famoso, e Gauguin fu raggiunto dalla fama in un angolo dell’Oceano Pacifico dove essere famosi non significava niente.
Con pochi anni di distanza l’uno dall’altro, Vincent e Paul, esclusa l’arte, avevano
tuttavia poco in comune...

Foto: "La casa Gialla" di Vincent Van Gogh (Arles 1888)
Per approfondimenti vi consiglio la lettura di: "La casa Gialla" di Martin Gaylord

Tuesday 21 April 2009

L'arte richiede un vuoto


È come se l'avessi vista, questa scena.
E invece l'ho letta qualche anno fa.
In una strada di Parigi un ormai maturo Francois Truffaut segue a qualche passo di distanza un anziano signore ebreo. Il vecchio si ferma, lui si ferma. Poi riprende a camminare e cosí Truffaut.
Il vecchio é suo padre, il padre naturale.
Francois non l'ha mai conosciuto, non lo conoscerá.
Forse non gli interessa altro che guardarlo, vederlo da lontano.
È la loro prima e ultima volta.
Ricordo di aver subito pensato che se nella vita di Truffaut non ci fosse stata questa ferita, Jules et Jim e la signora della porta accanto probabilmete non li avremmo mai conosciuti. Forse l'idea che sia la sofferenza a fare l'artista é un po' troppo romantica.
Ma credo che se non ci fosse qualcosa da riparare, un dolore da risanare, dell'amore inappagato, l'uomo e la donna non cercherebbero come cercano, trovando in qualche caso tesori inestimabili.
Se non vi fosse una carenza, un vuoto che chiede di essere colmato, una specie di invidia radicale a muoverci, finiremo per accontentarci di poco.
Dovrebbe bastare sapere di dover morire, consapevolezza che é lo stigma della condinzione umana, a carburare le nostre esistenze, é il vuoto piú vuoto di tutte, e per quanto uno faccia, incolmabile.
Servono delle meditazioni, il dolore, che mette in moto il desiderio di vita, che ci fa provare a colmare l'arte é una meditazione possibile.
Conosco molti genitori che han paura che i proprio figli soffrano anche solo un po'.
La propensione a riempire tutti i loro vuoti, a prevenire ogni possibile mancanza, a intorpidirli in una innaturale sazietá.
È davvero questo che volgiamo per loro?
Una vita senza carenze, senza dolore senza lo struggimento del desiderio? Non é la vita piú povera che si possa immaginare?

Foto: Giacometti pour la vie
di Henri Cartier Bresson

Monday 20 April 2009

L'infanzia


La mia infanzia...

Dipinto di Laura Tedeschi "Infanzia"
Olio su tela
60x70

Sunday 19 April 2009

La forza


Dpinto:
Laura Tedeschi "La forza"
Olio su tela
40x60

Saturday 18 April 2009

La sfida


Con volontá, impegno e sforzo, si riesce a rialsarsi in piedi, anche se a volte sembra impossibile.
La sfida, vista coi miei occhi.

Dipinto di Laura Tedeschi
"La sfida"
Olio su tela
60x90

Friday 17 April 2009

Costa bretone


"Autunno bretone"
Dipinto di Laura Tedeschi
Olio su tavola
60x50

Wednesday 15 April 2009

Le principali differenze fra il Fauvismo francese e l'Espressionismo tedesco





Il movimento espressionista sviluppa una specifica tendenza delle avanguardie. Nato nei primi anni del Novecento e sviluppatosi in Germania dal 1905 al 1925, si propone una rivoluzione epocale del linguaggio, contrapponendo la soggettività espressionista all'oggettività impressionista. Mentre gli Impressionisti portano sulla tela le emozioni provenienti dall'esterno, gli Espressionisti portano all'esterno - direttamente sul supporto pittorico - la loro anima allo stato puro, così com'è e senza alcuna mediazione.

Il Gruppo dei fauvisti non era legato da manifesti o dichiarazioni programmatiche di intenti. Essi erano uniti nel condannare il decorativismo dell'Art Nouveau e l'evasione spirituale del Simbolismo. Non disdegnavano la Pittura di Van Gogh né quella di Gauguin né quella del Puntinismo. L'Impressionismo, invece, provocava in loro vari conflitti e, era una materia di continue ed accese discussioni, spesso molto negative. Valutavano, invece, con apprezzamento la tecnica delle macchie di colore accostate, che rendeva brillanti le loro opere. Le forme dei fauvisti erano semplificate, la prospettiva del tutto mancante, il chiaro-scuro non veniva neanche preso in considerazione, l'uso del colore puro uscito dal tubetto era, talvolta, steso senza neanche l'uso del pennello.

Nelle foto: l'Espressionista Ernst Ludwig Kirchner e il suo quadro "Dodo in blu"
e il Fauvista Andrè Derain e il suo quadro "La danzatrice"

Tuesday 14 April 2009

Linguaggi moderni


Prendiamo una e-mail, una qualsiasi: Ciao, fai girare questo message, ovviamente a persone che vogliono una casina un po carina!. Possiamo anche provare con un sms, x 4tuna ke nn 6 venuto (traduzione: per fortuna che non sei venuto.).
Un professore finirebbe la matita rossa, non cè dubbio. Anche se abbreviazioni tipo kmq per comunque erano usate anche dagli amanuensi medievali, senza scandalo. Ma sarebbe riduttivo, e sbagliato, ridurre internet a una delle sue forme espressive. Sulla rete, come nella vita, si trova di tutto: un mondo che si riproduce con i suoi tic, le sue mode e i suoi linguaggi; a volte letterari, altre gergali, legati a forme di uso proprie di generazioni o di gruppi ristretti. Per questo non si può parlare di una forma espressiva della rete, ma piuttosto di linguaggi di internet.
E vero: per comunicare attraverso messaggini, chat o e-mail gli adolescenti hanno creato una forma espressiva che si rifà in parte alla lingua parlata, in parte alla scrittura a ideogrammi (gli emoticons). Ma è altrettanto vero che registri linguistici legati a determinati gruppi, il gergo che unisce un determinato branco, sono sempre esistiti.
Brevità e fretta sembrano i veri ispiratori di questo modo di comunicare. Ma del resto anche noi adulti, giunti alla risposta della ventesima e-mail, sopraffatti da noia e stanchezza, possiamo essere colti da sciatteria e commettere il fatidico errore di cui poi ci vergogniamo.
Colpa di una vita vissuta in fretta: le nuove tecnologie, piuttosto che regalarci più tempo libero, ci hanno semplicemente resi capaci di fare molte più cose nello stesso tempo. Ma sarebbe ingiusto dare la colpa di tutto ai nuovi mezzi di comunicazione o a internet in particolare.
La rete non ha un linguaggio e non è un luogo. Piuttosto è l'insieme correlato di tanti luoghi dove convivono tutti i linguaggi. Nei newsgroup (gruppi di discussione) esperti e scienziati di tutto il mondo si confrontano da anni portando avanti le loro ricerche.
Sui forum si incontrano spesso interventi dei lettori che, per scrittura e capacità di riflessione, non hanno niente da invidiare agli editoriali pubblicati sui giornali. E così è per i webblog: possono essere noiosi diari intimisti e sgrammaticati o luoghi dove si imparano tante cose. Tutto dipende dalla cultura e dalla capacità linguistica dell'autore. Proprio come nei libri e nella vita.

A. N. Franco

Dipinto: Laura Tedeschi "Fragile"

Monday 13 April 2009

Alle Corse dei cavalli


"Alle corse dei cavalli"
Dipinto di Laura Tedeschi
Olio su Tela
50x50
Collezione privata Di Renzo, Roma

Sunday 12 April 2009

L'Estaque, in un'altra mia interpretazione


Dpinto:
Laura Tedeschi
"Estate rovente a L'Estaque"
Olio su tela
100x50

Saturday 11 April 2009

L'Estaque vista dai miei occhi


Dipinto:
"L'Estaque" di Laura Tedeschi
Olio su tela
100x60

Friday 10 April 2009

L'Estaque e i pittori, Derain, Braque, Cèzanne, Macke ecc.




All'estremità settentrionale di Marsiglia, rannicchiato ai piedi della catena della Nerthe che lo protegge dal maestrale, il piccolo porto dell'Estaque (attracco in provenzale) è ancora uno dei quartieri più pittoreschi della città. Il suo sviluppo nel corso dei secoli è strettamente legato alla fabbricazione di tegole artigianali.
All'inizio del XX secolo era una meta privilegiata per la possibilità di gustare ricci di mare, sardine e "panisse" (tipici panzerotti di farinata di ceci) negli hotel e nei ristoranti situati ai bordi del mare. Case di campagna, ville sul lungomare (Château Fallet, Villa la Palestine …), vere e proprie "follie" architettoniche, fiorirono quindi accanto alle piccole abitazioni tradizionali degli operai che lavoravano nei vicini stabilimenti (fabbriche di tegole e cementifici).

Tuttavia, per gli amanti dell'arte figurativa l'Estaque è soprattutto uno dei luoghi di nascita della pittura moderna. Da Collioure a Menton, considerando soltanto il lato mediterraneo, non mancano luoghi che hanno attirato grandi pittori. Non sono certo numerose le località che possono vantare di essere state frequentate per una sessantina d'anni (1860-1920) da una dozzina di artisti di grande fama.
Impressionismo, fauvismo, cubismo : il nome dell'Estaque è associato a queste tre epoche, che determinarono in larga parte il destino della pittura contemporanea. Se Cézanne e Braque sono le due figure maggiori, anche i nomi di Derain, Dufy, Marquet, Friesz, Macke, Renoir, Guigou e Monticelli non possono essere dimenticati. La maggior parte di questi artisti ha dipinto decine di tele all'Estaque. Un destino insolito, quindi, per questa borgata, spiegabile innanzitutto con la sua situazione: si tratta effettivamente di un belvedere notevole con una vista sul golfo di Marsiglia spesso sorprendente.

Tra le fonti dell'ispirazione di tali pittori è inoltre possibile citare la molteplicità di motivi, la diversità di forme e colori, il tutto concentrato in uno spazio relativamente ristretto: linea orizzontale del mare, linea verticale delle ciminiere delle fabbriche, linee curve delle colline e arcuate dei viadotti, con giochi di ocra e rosso che rispondono all'intensità delle numerose sfumature di verde e blu.
Un percorso pedestre locale consente di raccontare la storia di questo quartiere popolare dall'anima forte e multiforme, in fondo poco diversa da quella che i pittori hanno conosciuto e amato. Numerose tematiche sono ancora presenti: basta saper osservare bene per vederle. Partendo dal molo del porto, seguite il cammino dei pittori e lasciatevi conquistare durante una passeggiata di circa due ore nei luoghi cari a tali artisti. Otto tappe indicate da pannelli di lava smaltata segnano il percorso.

Ho scelto per voi, tra i tanti, tre pittori significativi che hanno dipinto L'Etaque,
quadri che io prediligo.
L'estaque secondo:
Georges Braque
André Derain
Paul Cèzanne

Thursday 9 April 2009

La baia di Gigaro, La Croix-Valmer e Cavalaire-sur-mer


A circa 20 minuti dall'animazione molto glamour, la penisola di Saint-Tropez, accanitamente tutelata dal Conservatorio del litorale, offre agli escursionisti 40 km di sentieri. Essi si dipanano tra i dirupi rocciosi dei capi Camarat, Taillat e Lardier e i lunghi nastri di sabbia fine dell'ansa di Pampelonne e della baia di Cavalaire.

Dipinto: Laura Tedeschi "Gigaro/pomeriggio invernale"

Monday 6 April 2009

L'uso del colore "arbitrario", secondo Vincent Van Gogh


(Arles, 11 agosto 1888)

"Mio caro Theo,

Fra poco conoscerai Messer Patience Escalier, un tipo di uomo dei campi, vecchio bovaro della Camargue.
Il colore di questo ritratto di contadino è meno scuro di quello dei mangiatori di patate di Nuenen ma il nostro raffinatissimo parigino "Portier", vi troverá la stessa questione da risolvere.
Non credo che il mio contadino possa sfigurare per esempio con il Lautrec che tu hai,
anzi forse ne guadagnerà dall'accostamento strano, perchè la pelle bruciata e abbronzata dal gran sole e dall'aria aperta, risalteranno ancor più accanto alla polvere di riso e alla toilette elegante.
Che peccato che i parigini non apprezzano le cose rustiche, comunque so che non bisogna scoraggiarsi perché un'utopia non diventa mai realtà. Solo che io trovo che ciò che ho imparato a Parigi "se ne va" e ritorno alle idee che mi erano venute in campagna, prima di conoscere gli impressionisti.
Non sarei per nulla stupito se tra poco gli impressionisti trovassero da ridire sul mio modo di dipingere perché invece di cercare di rendere esattamente ciò che ho davanti agli occhi, mi servo del colore in modo piú arbitrario, per esprimermi con più intensità.
Nel Ritratto del contadino mi sono regolato con questo sistema. Immaginavo l'uomo che dovevo fare, in mezzo al forno della mietitura in pieno mezzogiorno. Da ciò gli arancioni sfolgoranti come ferro arroventato, da ciò i toni di oro vecchio, luminosi nelle ombre.
Ah, caro fratello... e le persone per bene vedranno in queste esagerazioni solo della caricatura.
Ma che ci importa, abbiamo letto Terre e Germinal, e se dipingiamo un contadino, vorremmo dimostrare che questa lettura ha finito per fare un po' corpo con noi".

Dalla lettera che Vincent scrisse a Theo da Arles l'11 agosto 1888

Nella foto: "Ritratto di Patience Escalier" di Vincet Van Gogh

Saturday 4 April 2009

Vienna mercatino pasquale a Schönbrunn - Ostermarkt Schloß Schönbrunn






Il mercatino che si tiene davanti a Schönbrunn...
Uova uova e uova.
Qui dicono si trovino le uova piú ricercate.
personalmente preferisco quello di ieri (il mercatino del Freyung).

Nelle foto: "Ostermarkt Schloß Schönbrunn"

Vienna le usanze genuine, i mercatini pasquali - Wiener Ostermärkte




A Vienna suggestivi sono i mercatini pasquali.
A partire da due settimane prima della pasqua, montagne di uova si incontarno per le vie del centro e non solo.
Infatti i mercatini sono situati in posti storici come Schönbrunn, il Freyung ecc.
L'evento si ripete tutti gli anni.
È un' usanza tipica che ha origine nei paesi dell'Est dove a Pasqua si è soliti consumare uova vere.
L'usanza vuole che ci sia un alberello pasquale, questo si fa con i rami degli alberi che in questa stagione sono pieni di gemme, li si trova ad ogni angolo, anche al supermercato, da comprare in fasci da circa 10 rmoscelli. Questi rami vengono messi in un vaso e a loro volta vengono decorati con le famose uova colorate e dipinte a mano.
L'effetto è bello, fresco e da l'idea di una cosa viva.
Un' altra usanza é per i piú piccoli, che cercano le uova sode e colorate nascoste dall' "Osterhase" il conigletto pasquale, negli angoli del giardino o in casa, questo è un gioco che a me è sempre piaciuto osservare, vedere l'emozione dei bambini quando trovano le uova, le mettono in tasca e continuano la ricerca, chiedendo alla mamma dove il coniglietto possa essere andato a nscondersi...
Ricordo che quest' usanza, già dalla prima volta che ho avuto l'occasione di assistervi, mi ha in un certo senso commosso. È una cosa vera, le uova si comprano si fanno sode, costa molto poco farle e i bambini hanno bisogno di questo, di cose semplici... non di manovre economiche dove chi ha la sorpresa più bella è il più bravo, le uova sode sono uguali sia nelle famiglie ricche che in quelle meno fortunate, quindi viene premiata la bravura e la fantasia di chi riesce a trovarne di più, i bimbi partono alla ricerca in maniera uguale. Questo mi piace.

Le uova per gli alberi pasquali invece sono carissime e non si possono mangiare perchè sono state svuotate del loro contenuto. Sono tutte dipinte a mano e si usa comprane una o due all'anno cosí che di anno in anno l'alberello va arricchendosi di uova sempre diverse e colorate.

Una curiosità è che quest'anno l'Austria prevede un consumo di 50 milioni di uova,
la produzione interna riesce a soddisfare solo la metá quindi 25 milioni di uova dovranno venire importati dalla Germania, Olanda e Svezia.

Domani vi porterò a Schönbrunn

Foto di Laura Tedeschi, cliccare per ingrandirle: "Wiener Ostermakt am Freyung" scattate ieri

Thursday 2 April 2009

Gianni Tedeschi, il suo Altopiano di Asiago



• IN VETRINA-Visti da vicino – L’artista che trovó pace ad Asiago-Giornale di Vicenza 20 guigno 2008

Gianni Tedeschi L’artista che trovó pace ad Asiago

La regina dei 7 Comuni diventa la sua patria

Asiago alla fine degli anni 70 gli apparve come una bella e languida donna. Fu come sentire il profumo di cose antiche.
“Provo sempre una sensazione di grande godimento quando apro le finestre e respiro quest’aria piena di profumi” racconta Gianni Tedeschi: “Mi innamorai subito di questi luoghi”
In una notte raggiunse la moglie a Rapallo, le descrisse quello che aveva visto e qulche mese dopo iniziarono a vivere ad Asiago. Prima in un albergo, poi nella casa immersa nella natura diventata il suo museo.

Franco Pepe

Nelle foto: l'Altopiano di Asiago visto da Gianni Tedeschi, dipinti originali realzzati ad olio su tavola

Wednesday 1 April 2009

Serpico y Laino, una storia italiana - La morte di Vicente nel 1959, la chiusura del negozio nel 1966, la riapertura e la chiusura definitiva




... Vicente Laino viene putroppo a mancare nel 1959,
si spegne cosí "il cervello del successo" della "Serpico y Laino".
Questo successo peró continua ancora per alcuni anni,
fino a quando le cose nel paese cominciano a cambiare ...
delinquenza, delitti, furti e sequestri.
Membri delle due famiglie subiscono tentativi di sequestro, fino a che
subirono addirittura un attentato con una bomba collocata nella "Joyería Sucursal del Este" le vetrine volarono e questo fece prendere la decisione, nel 1966, di chiudere il negozio,
consegnare le distribuzioni alla casa madre e decidere un attivitá il un altro ramo, senza peró societá tra le due famiglie.

Un membro della famiglia, una persona molto valida, volle riaprire, dopo alcuni anni, la gioielleria, ma per un gioco del destino non ebbe la possibilitá di riportarla alla vecchia gloria.

Nella foto: Il ritratto di Vicente Laino eseguito ad olio su tela propietá del nipote
e due orologi firmati "Serpico y Laino"