Thursday, 12 February 2009

L'arte richiede un vuoto?


È come se l'avessi vista, questa scena.
E invece l'ho letta qualche anno fa.
In una strada di Parigi un ormai maturo Francois Truffaut segue a qualche passo di distanza un anziano signore ebreo. Il vecchio si ferma, lui si ferma. Poi riprende a camminare e cosí Truffaut.
Il vecchio é suo padre, il padre naturale.
Francois non l'ha mai conosciuto, non lo conoscerá.
Forse non gli interessa altro che guardarlo, vederlo da lontano.
È la loro prima e ultima volta.
Ricordo di aver subito pensato che se nella vita di Truffaut non ci fosse stata questa ferita, Jules et Jim e la signora della porta accanto probabilmete non li avremmo mai conosciuti. Forse l'idea che sia la sofferenza a fare l'artista é un po' troppo romantica.
Ma credo che se non ci fosse qualcosa da riparare, un dolore da risanare, dell'amore inappagato, l'uomo e la donna non cercherebbero come cercano, trovando in qualche caso tesori inestimabili.
Se non vi fosse una carenza, un vuoto che chiede di essere colmato, una specie di invidia radicale a muoverci, finiremo per accontentarci di poco.
Dovrebbe bastare sapere di dover morire, consapevolezza che é lo stigma della condinzione umana, a carburare le nostre esistenze, é il vuoto piú vuoto di tutte, e per quanto uno faccia, incolmabile.
Servono delle meditazioni, il dolore, che mette in moto il desiderio di vita, che ci fa provare a colmare l'arte é una meditazione possibile.
Conosco molti genitori che han paura che i proprio figli soffrano anche solo un po'.
La propensione a riempire tutti i loro vuoti, a prevenire ogni possibile mancanza, a intorpidirli in una innaturale sazietá.
È davvero questo che volgiamo per loro?
Una vita senza carenze, senza dolore senza lo struggimento del desiderio? Non é la vita piú povera che si possa immaginare?"

Dipinto: Laura Tedeschi "La forza"

1 comment:

Jaime Baiao said...

Belo olhar!
PARABÉNS!