Friday, 20 February 2009
Gianni Tedeschi: L’impressionista ligure „rapito“ dall’Altopiano
• L’impressionista ligure „rapito“ dall’Altopiano
Giornale di Vicenza del 20. giugno 2008
“La strada a me piú cara è la via del Campo che si snoda da piazza Fossatella a Porta dei Vacca con gli odori, i profumi e i personaggi che hanno accompagnato la mia fanciullezza.
Come dimenticare la fragranza delle spezie e del caffè che si mescolava a quello della liquirizia e della cannella, delle carrube e delle castagne secche che il droghiere metteva in bella mostra in sacchetti di juta fuori della porta, il profumo di pane che colmava l’aria attorno al forno del signor Chiesa e quello della sua focaccia alle cipolle.
E che dire della latteria sull’angolo di vico della Madonna talmente stretto che una persona appena un po’ grassa correva il rischio di rimanervi incastrata. Il latte allora aveva un odore particolare perché oltre che di latte odorava anche di campagna”.
Inizia pressapoco cosí il libro-diario di Gianni Tedeschi,
un’autobiografia intensa, carica di vita, impetuosa e tenera come è questo personaggio che sarebbe piaciuto a Fellini.
Tedeschi nella vita ha fatto tante cose anche pericolose, ha visto cose terribili,ha toccato la morte da vicino decine di volte, ha pagato di persona scelte ed ardimenti, ma poi si è come abracciato attorno alla musa che lo folgoró giá da piccolo quando con occhi vivaci lanciava sogni per le strade di Genova.
È li, nella capitale della Liguria, che nasceva il 22 agosto del 1922. Quel giorno i giornali scrivevano dei malanni del vate Gabriele d’Annunzio, della conferenza internazionale di Venezia sugli interessi italiani in Oriente, del patto di Londra. Si facevano nomi di cittá come Valona, Smirne, di regioni come Dodecaneso, l’Anatolia. Si usava sempre piú diffusamente la parola “espansione”.
Nella sua casa solare immersa in un prato verde di Asiago, appena un po’ fuori dell’abitato, Tedeschi sembra il re dell’Altopiano, anzi della terra.
La sua è una libertá vera, cercata, pagata a un’esistenza non sempre facile. Il suo cane l’attende. Lui è gentile, attento. All’interno c’è la sua storia raccontata dai ricordi, dai volti cari incorniciati, da reliquie e momenti del passato, da squarci di gioventú, c’è come impresso dappertutto il volto della donna del destino, il suo amore per sempre, ed ecco i quadri, tanti quadri. Non solo suoi. Anche se quelli che ha appeso sulle pareti sono quelli piú vicini al suo cuore. Poi ecco la taverna-studio, aria soffusa, penombra, per ricreare – dice – le atmosfere autentiche in cui nascono le sue opere d’arte, dove insegue una ispirazione vivace sempre pronta ad esplodere. Sul cavalletto gli ultimi abbozzi di colori.
È qui che esplode la sua vena, che nascono i suoi dipinti, coriandoli di colori che si uniscono pazientemente, sulla scia di un ispirazione che lo isola dal resto del mondo, per diventare elegie, paesaggi, visioni oniriche, visi, forme, figure, segni.
Di Asiago si invaghí al primo impatto un giorno di sole del 1969.
Era giunto lí per caso. Lo ammaliarono la morbidezza dello scenario, la tinta delle conifere, la dolcezza dei particolari.
La regina dei Sette Comuni gli apparve come una bella e languida donna avvolta in un abito lieve e profumato. Fu come risentire il sapore di cose antiche, come trovare ció che cercava con la sua inquietudine randagia, quella spazialitá perduta in cui nuvole e vento possano dilagare senza ostacoli e che qui lo conquistó, invischiandolo come una tela penzolante in cui era cosí dolce e struggente andare a rinchiudersi.
“Provo sempre una sensazione di grande godimento quando apro la finestra e respiro quest’aria densa di profumi, quando scruto il cielo per capire se nevicherá”.
Si, fu innamoramento subito. Quattrocentocinquanta chilometri fatti di corsa. La sera stessa, tornado a Rapallo, ne parló alla moglie. Una settimana dopoci torno con Marisa. Alloggiarono all’albergo Toi. Dopo pochi giorni erano lí con un autotreno zeppo di cose per iniziare una nuova avventura, assistere al fiorire dei lillá, andare per boschi in cerca di fragoline o di funghi, raccogliere a due passi dallaporta di casa il radicchio selvatico o l’erba Carletta che è ottima per la frittata, come se le stagioni si succedessero senza fare sfiorire la pelle e gli occhi, dentro uno scrigno fuori del tempo, come se gli uccelli esistessero solo per darti la sveglia il mattino seguente.
Franco Pepe
Nella foto alcune opere di Gianni Tedeschi:
Fiori, ritratto di Laura e Venezia
a sinistra in basso l'artista nel suo studio ad Asiago
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2 comments:
Complimenti Laura, è bello che tu abbia questo legame profondo con tuo padre, è il riflesso proiettato verso il futuro di una storia di amore, per le origini, per il colore, per la pittura come espressione dell'anima
grazie mario hai detto una cosa bellissima, grazie davvero di cuore
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